“Allo
Zen sono stati violati i basilari diritti umani a partire da quello
dei bambini. Hanno trasformato quello che era un ghetto in un lager”.
Queste sono le parole pronunciate da Rita Borsellino, deputato del
Parlamento Europeo, durante la visita fatta in seguito allo sgombero
forzato eseguito dalle forze dell’ordine il 20 Aprile 2010.
All'alba
di quel giorno, gli abitanti del posto si sono
fatti
trovare sui tetti dell'Insula 3 nel quartiere Zen 2, con esposto ai
balconi, un unico striscione che tuonava:"Vogliamo solo un
tetto".
Inizia cosi una giornata di forte tensione e contrapposizione fra
senza casa e forze di polizia, quando sono iniziate le operazioni di
sgombero delle 35 famiglie che occupavano gli alloggi dell'Istituto
autonomo case popolari ancora in costruzione, ma già assegnate ad
altri senza casa. Una situazione complessa dunque, da
un lato una guerra tra poveri
alimentata
dalle istituzioni e dall'amministrazione comunale,
dall'altro
la legittima azione di occupazione
da parte di decine di famiglie sprovviste di un tetto. Un’
operazione congiunta di oltre un centinaio tra Carabinieri, Polizia e
Vigili Urbani in tenuta anti-sommossa hanno provveduto alla
restituzione degli appartamenti ai legittimi assegnatari. Le
operazioni, andate avanti per alcuni giorni hanno, ancora una volta e
con maggiore forza, evidenziato quanto il problema si sia, fino ad
ora, trascinato senza interventi e soluzioni definitive.
Il
quartiere,
afflitto
gia’ da gravi problemi di degrado architettonico, sin dalla sua
costruzione, per la quasi totale assenza di manutenzione sui
fabbricati, sulla rete idrica e fognaria, con alti tassi di
dispersione
scolastica,
microcriminalità
e infiltrazioni mafiose, ha sempre rappresentato un nodo difficile da
sciogliere per tutte le amministrazioni che si sono, negli anni,
succedute alla guida della città. Nonostante le numerose denunce ad
opera dei media e l'impegno delle istituzioni scolastiche, religiose
e del volontariato, la situazione del quartiere rimane tuttora grave
ed allarmante, tanto da sollevare l’ipotesi dell’abbattimento
definitivo.
Tra
i molteplici problemi che affliggono la zona, in aggiunta alla
vastità e all'intensività dell'insediamento di edilizia popolare
(il quartiere ospita circa 16.000 abitanti), il più grave continua
ad essere il lungo elenco di ritardi burocratici e disattenzioni
politiche che, recentemente, sono sfociate in occupazioni non
leggittime di 60 alloggi ancora in fase di costruzione. Le case
popolari occupate abusivamente sono divenute oggi un’enclave
sociale distinta dal resto della città da frontiere fisiche e
simboliche quasi impossibili da valicare.
Il
sindaco Diego Cammarata ha affermato, a questo proposito, “C’è
una lista da rispettare, i legittimi assegnatari sono persone
altrettanto bisognose di quanti occupano abusivamente e diversamente
da questi ultimi, non cercando di fare valere i loro diritti con atti
di violenza. Abbiamo creato una graduatoria aggiuntiva per le
condizioni di particolare gravità e abbiamo proceduto proprio in
questi giorni ad assegnare alcune abitazioni provenienti dai beni
confiscati alla mafia". Comunque vada rimarranno ugualmente
delle famiglie senza un tetto dove abitare. Il Sindaco parla di atti
di violenza, quando il vero e primo atto di violenza ai cittadini è
stato costruire tutta la zona espansione nord. Si dice che “Vivere
allo Zen è un’arte”, in più di 10mila ci abitano senza
leggi né diritti, senza acqua né luce, un quartiere di
esclusi, una microsocietà con la propria cultura e le proprie leggi
al di fuori della società vera e propria. Quello che risulta
evidente e' che la presenza dello stato nei quartieri popolari
Palermitani si materializza soltanto in queste occasioni , quando
c'e' da sgomberare, da compiere delle retate o delle iniziative
mentre, quotidianamente, regnano disoccupazione e precarietà.
Nonostante il dispiegamento massiccio di forze dell'ordine le donne
con i bambini hanno resistito a lungo all'interno degli appartamenti,
acconsentendo, alla fine, al trasloco dei mobili e dei pochi oggetti
personali con cui avevano arredato le case ancora allo stato grezzo.
Gli uomini, invece, correndo da un punto all'altro dei tetti, hanno
resistito per ore sotto il sole torrido, sperando che la situazione
si evolvesse a loro favore. Gli occupanti dichiaravano di non voler
scendere dai tetti finchè non venisse data loro la possibilità di
un incontro con un rappresentante del Comune, ribadendo di non avere
un altro posto dove andare, una volta abbandonata l'Insula 3. “Non
siamo animali e non abbiamo intenzione di andare via, anche noi
abbiamo diritto di un posto dove mangiare e dormire”.
L’interrogativo maggiore che bisogna porsi di fronte a problemi
gravi come questi è, quale sia la soluzione migliore per risolveri.
E la risposta non è mai facile. Quando si deve decidere sui bisogni
primari come quello della casa, la guida può essere solo quella
della legalità e del rispetto delle graduatorie regolari, proponendo
agli abusivi di trasferirsi in locali improvvisati ad abitazione?.
Decenni di inettitudine si possono compensare in poche e sbrigative
soluzioni? Pensiamo che l’impegno debba partire innanzitutto dalle
istituzioni, che hanno il dovere morale, per il ruolo che ricoprono,
di garantire le condizioni minime di vivibilità e dignità. Un primo
passo potrebbe essere quello di investire più risorse nella
costruzione di nuovi alloggi da destinare, ottimizzando i tempi di
realizzazione degli stessi. Un secondo passo, immedesimandoci questa
volta negli occupanti, potrebbe consistere in manifestazioni non
violente che sfocino in cortei pacifici o sit-in di protesta davanti
le sedi istituzionali adeguate.É ormai finito il tempo delle
soluzioni temporanee, c’è bisogno di interventi definitivi e
risolutivi, perchè avere un tetto sopra la testa non è un sogno ma
un diritto.
- Ricerca a cura di Gilda Miceli e Elisa Pagano , H.R.Y.O. – Human Rights Youth Organization
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