lunedì 10 ottobre 2011

Lo Zen:una profonda ferita nel cuore della città. Tra abusivismi e sgomberi forzati


Allo Zen sono stati violati i basilari diritti umani a partire da quello dei bambini. Hanno trasformato quello che era un ghetto in un lager”. Queste sono le parole pronunciate da Rita Borsellino, deputato del Parlamento Europeo, durante la visita fatta in seguito allo sgombero forzato eseguito dalle forze dell’ordine il 20 Aprile 2010. All'alba di quel giorno, gli abitanti del posto si sono fatti trovare sui tetti dell'Insula 3 nel quartiere Zen 2, con esposto ai balconi, un unico striscione che tuonava:"Vogliamo solo un tetto". Inizia cosi una giornata di forte tensione e contrapposizione fra senza casa e forze di polizia, quando sono iniziate le operazioni di sgombero delle 35 famiglie che occupavano gli alloggi dell'Istituto autonomo case popolari ancora in costruzione, ma già assegnate ad altri senza casa. Una situazione complessa dunque, da un lato una guerra tra poveri alimentata dalle istituzioni e dall'amministrazione comunale, dall'altro la legittima azione di occupazione da parte di decine di famiglie sprovviste di un tetto. Un’ operazione congiunta di oltre un centinaio tra Carabinieri, Polizia e Vigili Urbani in tenuta anti-sommossa hanno provveduto alla restituzione degli appartamenti ai legittimi assegnatari. Le operazioni, andate avanti per alcuni giorni hanno, ancora una volta e con maggiore forza, evidenziato quanto il problema si sia, fino ad ora, trascinato senza interventi e soluzioni definitive. Il quartiere, afflitto gia’ da gravi problemi di degrado architettonico, sin dalla sua costruzione, per la quasi totale assenza di manutenzione sui fabbricati, sulla rete idrica e fognaria, con alti tassi di dispersione scolastica, microcriminalità e infiltrazioni mafiose, ha sempre rappresentato un nodo difficile da sciogliere per tutte le amministrazioni che si sono, negli anni, succedute alla guida della città. Nonostante le numerose denunce ad opera dei media e l'impegno delle istituzioni scolastiche, religiose e del volontariato, la situazione del quartiere rimane tuttora grave ed allarmante, tanto da sollevare l’ipotesi dell’abbattimento definitivo.
Tra i molteplici problemi che affliggono la zona, in aggiunta alla vastità e all'intensività dell'insediamento di edilizia popolare (il quartiere ospita circa 16.000 abitanti), il più grave continua ad essere il lungo elenco di ritardi burocratici e disattenzioni politiche che, recentemente, sono sfociate in occupazioni non leggittime di 60 alloggi ancora in fase di costruzione. Le case popolari occupate abusivamente sono divenute oggi un’enclave sociale distinta dal resto della città da frontiere fisiche e simboliche quasi impossibili da valicare.
Il sindaco Diego Cammarata ha affermato, a questo proposito, “C’è una lista da rispettare, i legittimi assegnatari sono persone altrettanto bisognose di quanti occupano abusivamente e diversamente da questi ultimi, non cercando di fare valere i loro diritti con atti di violenza. Abbiamo creato una graduatoria aggiuntiva per le condizioni di particolare gravità e abbiamo proceduto proprio in questi giorni ad assegnare alcune abitazioni provenienti dai beni confiscati alla mafia". Comunque vada rimarranno ugualmente delle famiglie senza un tetto dove abitare. Il Sindaco parla di atti di violenza, quando il vero e primo atto di violenza ai cittadini è stato costruire tutta la zona espansione nord. Si dice che “Vivere allo Zen è un’arte”, in più di 10mila ci abitano senza leggi né diritti, senza acqua né luce, un quartiere di esclusi, una microsocietà con la propria cultura e le proprie leggi al di fuori della società vera e propria. Quello che risulta evidente e' che la presenza dello stato nei quartieri popolari Palermitani si materializza soltanto in queste occasioni , quando c'e' da sgomberare, da compiere delle retate o delle iniziative mentre, quotidianamente, regnano disoccupazione e precarietà. Nonostante il dispiegamento massiccio di forze dell'ordine le donne con i bambini hanno resistito a lungo all'interno degli appartamenti, acconsentendo, alla fine, al trasloco dei mobili e dei pochi oggetti personali con cui avevano arredato le case ancora allo stato grezzo. Gli uomini, invece, correndo da un punto all'altro dei tetti, hanno resistito per ore sotto il sole torrido, sperando che la situazione si evolvesse a loro favore. Gli occupanti dichiaravano di non voler scendere dai tetti finchè non venisse data loro la possibilità di un incontro con un rappresentante del Comune, ribadendo di non avere un altro posto dove andare, una volta abbandonata l'Insula 3. “Non siamo animali e non abbiamo intenzione di andare via, anche noi abbiamo diritto di un posto dove mangiare e dormire”. L’interrogativo maggiore che bisogna porsi di fronte a problemi gravi come questi è, quale sia la soluzione migliore per risolveri. E la risposta non è mai facile. Quando si deve decidere sui bisogni primari come quello della casa, la guida può essere solo quella della legalità e del rispetto delle graduatorie regolari, proponendo agli abusivi di trasferirsi in locali improvvisati ad abitazione?. Decenni di inettitudine si possono compensare in poche e sbrigative soluzioni? Pensiamo che l’impegno debba partire innanzitutto dalle istituzioni, che hanno il dovere morale, per il ruolo che ricoprono, di garantire le condizioni minime di vivibilità e dignità. Un primo passo potrebbe essere quello di investire più risorse nella costruzione di nuovi alloggi da destinare, ottimizzando i tempi di realizzazione degli stessi. Un secondo passo, immedesimandoci questa volta negli occupanti, potrebbe consistere in manifestazioni non violente che sfocino in cortei pacifici o sit-in di protesta davanti le sedi istituzionali adeguate.É ormai finito il tempo delle soluzioni temporanee, c’è bisogno di interventi definitivi e risolutivi, perchè avere un tetto sopra la testa non è un sogno ma un diritto.



  1. Ricerca a cura di Gilda Miceli e Elisa Pagano , H.R.Y.O. – Human Rights Youth Organization



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