lunedì 10 ottobre 2011

Infibulazione


L’infibulazione è la forma più grave di mutilazione dei genitali femminili. Non ha alcuna base religiosa ma solo culturale e viene praticata in molte società dell’Africa, del sud della penisola araba e del sud-est asiatico.
Sotto il nome generico di infibulazione, vengono spesso raccolte tutte le mutilazioni a carico dei genitali femminili, che ledono fortemente la salute psichica e fisica delle donne che ne sono sottoposte.
L’OMS(Organizzazione Mondiale della Sanità) ha distinto le mutilazioni in 4 tipi differenti a seconda della gravità per il soggetto:

  • Circoncisione o infibulazione as sunnah: si limita all’incisione della punta del clitoride con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche;
  • Escissione al uasat: asportazione del clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra;
  • Infibulazione o circoncisione faraonica o sudanese: asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale;
  • Il quarto tipo comprende una serie di interventi di varia natura sui genitali femminili.
Queste pratiche sono eseguite in età differenti a seconda della tradizione: per esempio nel sud della Nigeria si praticano sulle neonate, in Uganda sulle adolescenti, in Somalia sulle bambine.
Ovviamente, mentre la prima è puramente simbolica e non comporta quasi nessuna conseguenza, la seconda e la terza ledono gravemente sia la vita sessuale sia la salute delle donne, ed è contro queste ultime che si adoperano i movimenti per l’emancipazione femminile, soprattutto in Africa. Attualmente si calcola che vi siano più di 120 milioni di donne infibulate in tutto il mondo. I rapporti sessuali, attraverso questa pratica, vengono impossibilitati fino alla defibulazione (cioè alla scucitura della vulva) che in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio. Dopo ogni parto viene effettuata una nuova infibulazione per ripristinare la situazione prematrimoniale. La pratica dell’infibulazione ha lo scopo di preservare la verginità al futuro sposo; oltre a ciò, il fatto costituisce il modo per annullare il piacere sessuale femminile e “controllare” possibili infedeltà durante il matrimonio. Inoltre, l’infibulazione è operata in precarie condizioni igieniche e senza anestesia, pertanto frequenti sono le infezioni delle vie urinarie, vaginali, le insorgenze di cisti, emorragie e sterilità.
Dai primi anni novanta del XX secolo è andata crescendo la mobilitazione delle organizzazioni non governative e dell’ONU per il riconoscimento delle mutilazioni genitali quali gravissime violazioni del diritto della persona all’integrità e alla salute.
La recente legge n. 7 del 9/1/2006 ha provveduto a tutelare la donna dalle pratiche di mutilazione genitale femminile, dichiarandone un reato punibile con detenzione da 6 a 12 anni. Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministero della Giustizia.
L’Italia è oggi la nazione europea che, per la particolare tipologia di flussi migratori, risulta il Paese con il più alto numero di donne infibulate.
In Eritrea da 31 marzo 2007 praticare infibulazione è reato e per i trasgressori sono previste multe e la carcerazione a seconda della gravità del reato.
Unione delle Donne Eritree stima che il 90% delle donne siano state soggette a infibulazione e che nel continente africano almeno tre milioni di bambine subiscano la pratica ogni anno.
Così la donna perde la propria individualità e i propri diritti fondamentali , ed in cambio viene accettata dal gruppo, riconosciuta degna di farne parte, al prezzo di altre innumerevoli rinunce e sofferenze. In questo modo una donna contribuisce a salvaguardare l’onore della famiglia , preservandone l’integrità.



Ricerca a cura di Roberta Pizzitola, H.R.Y.O. – Human Rights Youth Organization




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