L’infibulazione
è la forma più grave di mutilazione dei genitali femminili. Non ha
alcuna base religiosa ma solo culturale e viene praticata in molte
società dell’Africa, del sud della penisola araba e del sud-est
asiatico.
Sotto
il nome generico di infibulazione, vengono spesso raccolte tutte le
mutilazioni a
carico dei genitali femminili, che ledono fortemente la salute
psichica e fisica delle donne che ne sono sottoposte.
L’OMS(Organizzazione
Mondiale della Sanità) ha distinto le mutilazioni in 4 tipi
differenti a seconda della gravità per il soggetto:
- Circoncisione o infibulazione as sunnah: si limita all’incisione della punta del clitoride con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche;
- Escissione al uasat: asportazione del clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra;
- Infibulazione o circoncisione faraonica o sudanese: asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale;
- Il quarto tipo comprende una serie di interventi di varia natura sui genitali femminili.
Queste
pratiche sono eseguite in età differenti a seconda della tradizione:
per esempio nel sud della Nigeria si praticano sulle neonate, in
Uganda sulle adolescenti, in Somalia sulle bambine.
Ovviamente,
mentre la prima è puramente simbolica e non comporta quasi nessuna
conseguenza, la seconda e la terza ledono gravemente sia la vita
sessuale sia la salute delle donne, ed è contro queste ultime che si
adoperano i movimenti per l’emancipazione femminile, soprattutto
in Africa. Attualmente si calcola che vi siano più di 120 milioni di
donne infibulate in tutto il mondo. I rapporti sessuali, attraverso
questa pratica, vengono impossibilitati fino alla defibulazione (cioè
alla scucitura della vulva) che in queste culture, viene effettuata
direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio.
Dopo ogni parto viene effettuata una nuova infibulazione per
ripristinare la situazione prematrimoniale. La pratica
dell’infibulazione ha lo scopo di preservare la verginità al
futuro sposo; oltre a ciò,
il
fatto costituisce il modo per annullare il piacere sessuale
femminile e “controllare” possibili infedeltà durante il
matrimonio. Inoltre, l’infibulazione è operata in precarie
condizioni igieniche e senza anestesia, pertanto frequenti sono le
infezioni delle vie urinarie, vaginali, le insorgenze di cisti,
emorragie e sterilità.
Dai
primi anni novanta del XX secolo è andata crescendo la
mobilitazione delle organizzazioni non governative e dell’ONU per
il riconoscimento delle mutilazioni genitali quali gravissime
violazioni del diritto della persona all’integrità e alla salute.
La
recente legge n. 7 del 9/1/2006 ha provveduto a tutelare la donna
dalle pratiche di mutilazione genitale femminile, dichiarandone un
reato punibile con detenzione da 6 a 12 anni. Le disposizioni di
questo articolo si applicano altresì
quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da
straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a
richiesta del Ministero della Giustizia.
L’Italia
è oggi la nazione europea che, per la particolare tipologia di
flussi migratori, risulta il Paese con il più alto numero di donne
infibulate.
In
Eritrea da 31 marzo 2007 praticare infibulazione è reato e per i
trasgressori sono previste multe e la carcerazione a seconda della
gravità del reato.
Unione
delle Donne Eritree stima che il 90% delle donne siano state
soggette a infibulazione e che nel continente africano almeno tre
milioni di bambine subiscano la pratica ogni anno.
Così
la donna perde la propria individualità e i propri diritti
fondamentali , ed in cambio viene accettata dal gruppo, riconosciuta
degna di farne parte, al prezzo di altre innumerevoli rinunce e
sofferenze. In questo modo una donna contribuisce a salvaguardare
l’onore della famiglia , preservandone l’integrità.
Ricerca
a cura di Roberta
Pizzitola, H.R.Y.O. – Human Rights Youth Organization
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